Introduzione. La risposta delle comunità terapeutiche (CT) all’emergenza pandemica non è ancora stata studiata in modo approfondito, nonostante l’Istituto Superiore di Sanità abbia sottolineato la stretta relazione che unisce la pandemia alle dipendenze da sostanze e comportamentali: se da un lato il contesto Covid-19 ha aggravato le problematiche di disagio mentale e portato a un aumento del consumo di alcol, psicofarmaci e altre sostanze, dall’altro i soggetti tossicodipendenti e/o con diagnosi psichiatrica, vista la maggiore vulnerabilità socio-sanitaria, corrono un rischio maggiore di contrarre l’infezione e di sviluppare complicazioni severe.

Metodo. La ricerca sperimentale C-O-V-I-D ha misurato l’efficacia dei provvedimenti adottati dalle CT per contrastare il contagio e ha valutato la capacità di coping degli ospiti e degli operatori attraverso la somministrazione di questionari in forma cartacea e online e di interviste. Lo studio, condotto fra novembre 2020 e gennaio 2021, ha coinvolto 134 ospiti e 97 operatori di 12 comunità terapeutiche appartenenti alla Federazione Italiana Comunità Terapeutiche specializzate nel trattamento di pazienti con doppia diagnosi.

Risultati. Le misure per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2 adottate dalle CT sono state valutate come efficaci dalla totalità degli operatori intervistati. Questa percezione trova riscontro nel basso numero di casi positivi verificatisi nelle CT in esame. Il distanziamento fisico, l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e le quarantene preventive e contenitive hanno tuttavia parzialmente compromesso l’erogazione dei servizi di cura. La maggioranza dei pazienti ha comunque espresso soddisfazione per il supporto ricevuto dagli operatori e ritiene di aver mantenuto un livello di benessere stabile. Gli operatori hanno sperimentato ansia, paura, incertezza e stress in modo generalmente più marcato rispetto ai pazienti. I principali elementi di criticità sono stati la scarsa collaborazione con gli altri servizi territoriali e la mancanza di chiare disposizioni e di supporto da parte degli organismi competenti.

Conclusioni. Le CT sembrano essere state un valido strumento contenitivo rispetto alla diffusione del contagio e all’acutizzarsi di quadri clinici già compromessi. Gli strumenti operativi e le risorse personali messi in campo dagli operatori hanno reso possibile una gestione efficace dei vissuti emotivi dei pazienti. Pare auspicabile dare continuità ad azioni di ricerca e monitoraggio delle pratiche sperimentate nelle CT, con l’obiettivo di individuare possibili azioni di miglioramento e di creare un sapere condiviso tra gli attori del settore.

 

The containment function of therapeutic communities during the Covid-19 pandemic

Introduction. The response of therapeutic communities (TCs) to the pandemic emergency has not yet been studied in depth, despite the fact that the Istituto Superiore di Sanità (Higher Institute of Health) has stressed the close relationship between the pandemic and substance and behavioural addictions: while on the one hand, the Covid-19 context has aggravated problems of mental distress and led to an increase in the consumption of alcohol, psychotropic drugs and other substances, on the other hand, drug-addicted individuals and/or those with a psychiatric diagnosis, given their greater socio-sanitary vulnerability, run a greater risk of becoming infected and developing severe complications.

Method. The C-O-V-I-D experimental research measured the effectiveness of the measures taken by the TCs to combat infection and assessed the coping skills of guests and operators through the administration of paper and online questionnaires and interviews. The study, conducted between November 2020 and January 2021, involved 134 guests and 97 operators from 12 therapeutic communities belonging to the Italian Federation of Therapeutic Communities specialised in the treatment of patients with dual diagnosis.

Results. The measures for the prevention of SARS-CoV-2 infections adopted by the TCs were evaluated as effective by all the operators interviewed. This perception was reflected in the low number of positive cases in the TCs. However, physical distancing, the use of personal protective equipment and preventive and restrictive quarantines partially compromised the provision of care services. The majority of patients expressed nonetheless satisfaction with the support they received from caregivers and felt that they maintained a stable level of well-being. Caregivers experienced anxiety, fear, uncertainty and stress generally more than patients. The main critical elements were the poor collaboration with other territorial services and the lack of clear provisions and support from the competent authorities.

Conclusions. The TCs seem to have been a valid tool to contain the spread of the infection and the exacerbation of already compromised clinical pictures. The operational tools and personal resources deployed by the operators have made it possible to effectively manage the patients’ emotional experiences. It seems desirable to give continuity to research and monitoring actions of the practices experimented in the TCs, with the aim of identifying possible improvement actions and creating a shared knowledge among the actors of the sector.

 

Il lavoro di ricerca dal titolo “La funzione di contenimento delle comunità terapeutiche durante la pandemia Covid-19” vuole porre attenzione all’operato e al vissuto delle Comunità Terapeutiche (da ora in poi “CT”) a doppia diagnosi nel periodo storico in cui ci troviamo.
L’analisi da cui si è partiti, incentrata sui bisogni e sul contesto, ha evidenziato/sottolineato la necessità di comprendere la gestione, l’operato e l’impatto dell’emergenza sanitaria all’interno delle CT.
Secondo diversi studi scientifici condotti dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute, il contesto dei servizi socio-sanitari è uno dei contesti più a rischio dovuto sia alla possibilità del personale operante di contrarre la malattia sia agli effetti psicosociali legati all’impatto che la pandemia ha avuto sulle figure professionali e al loro adeguamento nella gestione e nell’organizzazione del lavoro stesso.
Risulta pertanto fondamentale offrire sostegno e supporto agli operatori delle CT, favorendo una buona condivisione e collaborazione inter eos e fornendo loro le linee guida per ridurre gli effetti psico-sociali sul lavoro e tutelare e preservare il benessere proprio e altrui.
La ricerca sperimentale C-O-V-I-D è stata condotta nel periodo fra novembre 2020 e gennaio 2021, in collaborazione con il Centro Ricerca&Studio del CTS (Centro Trentino di Solidarietà) e le comunità terapeutiche per la cura di persone a doppia diagnosi appartenenti alla FICT (Federazione italiana delle Comunità Terapeutiche), situate prevalentemente nelle regioni del Nord e del Centro Italia.
Mediante lo studio si è valutata la capacità di coping della pandemia da parte degli ospiti e delle figure professionali delle CT e la capacità di gestione e di contenimento del virus Sars-Cov2 all’interno delle strutture.
L’indagine è stata condotta durante la pandemia Covid-19 nel periodo post lockdown mediante un questionario online sviluppato tramite Google Forms.
Gli item di tutte le domande hanno permesso di valutare la percezione del partecipante dall’inizio dell’emergenza. Si è deciso di utilizzare due canali di compilazione differenti: per le figure professionali è stata richiesta la compilazione attraverso la piattaforma, per gli ospiti invece le copie dei questionari sono state stampate, compilate e inviate loro tramite e-mail.
Di seguito si riporta la percentuale di partecipazione all’indagine.
Come si deduce dal grafico sottostante la maggioranza degli ospiti è di genere maschile, le donne rappresentano solo il 17,2% della popolazione in esame.
Al contrario, il 61,9% degli operatori è di genere femminile, mentre il 38,1% è di genere maschile.
Durante il lockdown le comunità sono state riorganizzate in base alle misure imposte dal Governo per garantire in sicurezza il proseguimento dei percorsi terapeutici. Anche la collaborazione con le realtà locali e il mondo del volontariato si sono dovute fermare. Ciò ha comportato disagi tra gli ospiti ed è emersa la difficoltà nel mantenimento degli equilibri interni, talvolta precari.
È apparso necessario preservare e tutelare il benessere dell’ospite e del lavoratore, al fine di rendere più sicuro e professionale un contesto di lavoro in cui le figure professionali possano agire, progettare e realizzare interventi efficaci con risultati trattamentali significativi nel trattamento con gli ospiti.
In ragione a ciò si è deciso di formulare item specifici per indagare e valutare gli interventi addottati nel controllo e gestione della diffusione del virus Sars-Cov2.
Per quanto riguarda le figure professionali alla domanda: “In generale le misure adottate dalla vostra comunità e dai protocolli nazionali sono stati funzionali ed efficaci?” il 100% ha risposto affermativamente.
Per quanto riguarda gli ospiti alla domanda “Le indicazioni relative al contenimento e alla diffusione del virus sono state chiare e continue?” il 44,4% degli intervistati sostiene che le indicazioni relative al contenimento e diffusione del virus sono state molto chiare, il 40,6% invece abbastanza.
Per il 42,9% degli ospiti le soluzioni adottate relative alla prevenzione e al controllo della diffusione sono state abbastanza funzionali ed efficaci mentre per il 38,3% molto funzionali.
Lavorare all’interno delle comunità terapeutiche richiede in generale delle competenze di gestione del lavoro e dell’utenza, organizzazione, programmazione e valutazione del lavoro svolto.
In una situazione d’emergenza come quella che abbiamo vissuto, le figure professionali hanno dovuto soprattutto mettere in gioco la loro formazione, usufruire di momenti di riflessione intorno agli interventi e strategie, essere flessibili e adeguarsi alle varie dinamiche e situazioni lavorative ed adottare uno sguardo attento e critico verso i propri stati emotivi interni e quelli dei propri ospiti presi in carico.
Come si verifica attualmente nella società, anche all’interno delle CT è stato necessario ricorrere alla quarantena come intervento preventivo e contenitivo nel contrasto della diffusione della pandemia. Si è dimostrato necessario modificare gli spazi identificando un’ala lontana e distaccata dalle attività della comunità e dell’organizzazione interna dove sono state messe in isolamento preventivo le persone inviate dai Servizi territoriali prima di accedere in CT.
Da un’analisi più specifica in cinque comunità si sono verificati casi limitati di Covid-19 (cioè uno, massimo due persone), tranne in una comunità del Centro Italia in cui i casi sono stati più frequenti (ogni 15 giorni).
Per quanto riguarda i sintomi emotivi, comportamentali e cognitivi delle figure professionali operanti nelle comunità terapeutiche italiane, la maggior parte degli operatori ha provato abbastanza paura (40%) e molta paura (24,2%) di contagiare amici/parenti o colleghi, a differenza degli ospiti che affermano che la paura di contagiare gli altri è stata sentita poco e niente.
La paura di aver contagiato gli altri, l’incertezza, nervosismo e l’ansia sono emozioni provocate e giustificate dall’aver vissuto una pandemia.
Appare evidente che per questa categoria di intervistati la pandemia abbia portato a vivere più sintomi emotivi piuttosto che sintomi cognitivi e/o comportamentali, a differenza da quanto è emerso da alcuni studi in cui l’aumento di tali problematiche è riconducibile sia agli ospiti sia alle figure professionali.
Sono state indagate anche le difficoltà che hanno incontrato gli ospiti durante il lockdown che generalmente fanno parte del normale percorso in una comunità terapeutica ma che in alcuni casi sono nuove, nate come conseguenza di un periodo caratterizzato da forti cambiamenti e restrizioni.
Si riportano di seguito le principali difficoltà emotive/psicologiche degli ospiti amplificate durante la pandemia: mantenere la giusta motivazione, capire le regole comunitarie, accettare il tempo di percorso, gestire lo stress emotivo, l’ansia, l’impulsività e il nervosismo, difficoltà di accettarsi e di relazionarsi, pazienza, nostalgia, malinconia, solitudine, lucidità, non assumere sostanze.
Appare fondamentale soffermarsi sulla potenziale ricaduta degli ospiti sia all’interno sia all’esterno della CT.
Nel periodo di pandemia, in particolar modo, le comunità terapeutiche hanno svolto un ruolo di contenitore, non solo nel contrastare la diffusione del virus, ma soprattutto nel fungere da contenitore psicologico ed emotivo.
Nonostante la pandemia abbia messo in crisi alcuni aspetti fondamentali del lavoro in CT, le comunità hanno saputo utilizzare gli strumenti a propria disposizione per far fronte alle criticità.
Come emerge dalle testimonianze degli operatori, il lavoro nelle comunità terapeutiche non è così semplice poiché ci si trova di fronte a problematiche che influiscono nel determinare quello che può essere un buon lavoro.
Durante la pandemia il mantenimento e il controllo del lavoro si è dimostrato difficile: le figure professionali hanno cercato di garantire continuità al percorso di cura e allo stesso tempo di preservare un benessere psicofisico tutelando e proteggendo la comunità dal virus Sars-Cov2.
In conclusione, la comunità ha diminuito il rischio potenziale di effetti indesiderati sulla salute degli ospiti presi in carico, portatori di problematiche di dipendenza con comorbilità psichiatrica.
Le competenze di coping delle figure professionali e il lavoro terapeutico riabilitativo svolto hanno consentito di gestire in modo efficace i vissuti e le emozioni degli ospiti, amplificati dal vivere in un contesto potenzialmente rischioso e limitato nelle sue possibilità di trattamento e cura.
L’intento delle CT è stato ed è quello di offrire e garantire ai propri ospiti cure adeguate anche di fronte ad un’emergenza sanitaria globale.
Anche se tutt’oggi ci troviamo in una situazione ancora incerta, attraverso la ricerca si aprono possibili terreni di condivisione e collaborazione sui processi lavorativi direzionati al benessere sia dei lavoratori che degli ospiti.

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Francesca Andreoli

Laureata in Scienze Pedagogiche presso l’Università di Verona.

Diplomata nel 2013 al Liceo Socio-psico-pedagogico “Rosmini” di Trento. Nel 2016 si è laureata all’Università di Ferrara, con sede a Rovereto, in Educazione professionale. L’anno successivo ha svolto un anno di servizio civile presso Il centro diurno il Muretto della cooperativa Progetto ’92.

Dal marzo 2018 entra nell’organico del Centro Trentino di Solidarietà come Educatore professionale sanitario presso la Comunità Casa di Giano.

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