“Bisogna tornare alla ‘medicina della persona’. Per curare qualcuno dobbiamo sapere chi è, che cosa pensa, che progetti ha, per che cosa gioisce e soffre. Dobbiamo far parlare il paziente della sua vita, non dei suoi disturbi”.

Con queste parole del prof. Umberto Veronesi è stata inaugurata il 22 giugno “La Sosta”, con l’obiettivo, ha detto Oscar Setti, presidente dell’Associazione Famiglie “Progetto Uomo”, di offrire un ambiente protetto in cui fermarsi per mettere a fuoco le scelte della propria vita.

Dopo il periodo del Covid e la chiusura forzata, l’Associazione Famiglie “Progetto Uomo” in collaborazione con il Centro Trentino di Solidarietà e l’Apcat del Trentino, ha deciso di realizzare una casa che accompagni le persone in un breve periodo critico della loro vita.

Nell’appartamento, ristrutturato con l’aiuto di alcuni ospiti e volontari, si è creato un clima familiare, percepito fin da subito dagli stessi visitatori.

All’inaugurazione è intervenuto don Cristiano Bettega con la lettura del passo del Vangelo: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro”. Tutti possiamo essere stanchi: per il caldo, per l’aver dormito poco o male, per qualcosa che ti brucia dentro o per una stanchezza ancora più profonda.

L’augurio è che la Sosta possa essere uno spazio dove trovare quel ristoro  di cui si ha bisogno.

Grande l’entusiasmo espresso dagli operatori del Servizio per le Dipendenze e di Alcologia, come riportato dalla responsabile Anna Franceschini. “Più abbiamo risposte diverse, più la risposta dei servizi è adeguata”, ha affermato la direttrice.

Federica Sartori, responsabile delle Politiche Sociali della Provincia, dopo aver portato i saluti dell’Assessora Segnana, ha ringraziato per questo servizio e ne ha sottolineato alcuni aspetti vincenti: la semplicità, la concretezza e l’immediatezza. La dirigente provinciale ha concluso esortando chi abiterà la casa a tenere sempre aperta la porta a chi ne ha bisogno.

 

Luciano Squillaci, presidente della FICT, Federazione italiana delle Comunità Terapeutiche, ha aggiunto: “Questa casa si chiama ‘sosta’ perché consente il recupero del tempo. Se c’è un tempo recuperato, c’è anche un tempo donato. La casa rappresenterà uno spazio di incontro tra il tempo restituito e quello donato. Ed è proprio questa la cosa straordinaria. La bellezza di questa casa sta nel fatto che è nata dalla volontà di un volontario e che vivrà grazie all’apporto di chi ci vive e di altri volontari”.

Per concludere Luciano Squillaci ha rivolto tre auguri: che questa casa sia sempre un luogo di incontro; che in questa casa non ci si debba mai chiedere chi è il mio prossimo ma si sia capaci di farsi prossimi; che questa casa possa sempre avere un orizzonte davanti.

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