E venne il giorno in cui il rischio di rimanere chiuso in un bocciolo divenne più doloroso del rischio di sbocciare.
Anaïs Nin
Il termine Hikikomori deriva dal giapponese e significa “stare in disparte”, dall’unione del verbo hiku con questo termine viene indicato chi decide di ritirarsi socialmente, limitando i rapporti interpersonali diretti e auto – escludendosi. Sebbene questa sindrome non sia tuttora inserita all’interno del DSM 5 e non venga indicata una chiara descrizione, si può considerare un disturbo mentale a sé per le sue caratteristiche. Il fenomeno è stato dapprima osservato in Giappone, dove fino ad ora è stato identificato oltre un milione di casi, ed il Ministero della Salute giapponese ha indicato alcune caratteristiche specifiche:
- Stile di vita centrato all’interno delle mura domestiche e senza alcun accesso a contesti esterni;
- Mancanza di interesse verso attività esterne (abbandono scolastico e lavorativo);
- Ritiro sociale pari o superiore a 6 mesi
- Assenza o sospensione di relazioni esterne con compagni o colleghi di lavoro.
Non si tratta tuttavia di un fatto solo giapponese, ma di un fenomeno adattivo sociale che riguarda principalmente i Paesi economicamente sviluppati.
Il fenomeno colpisce tendenzialmente giovani maschi, in particolare vengono individuati due periodi di vita critici, il primo in adolescenza, tra i 15 e i 19 anni, del quale farebbero parte circa il 30% di chi ne soffre, l’altra fascia è quella post – diploma, poiché i giovani affrontano un passaggio dalla vita di ragazzo a quella di persona più matura e impegnata nella costruzione del proprio futuro, quindi inizia a prendere più decisioni in autonomia.
Gli Hikikomori si ritirano dalle relazioni sociali, spesso anche quelle con i familiari conviventi, con i quali spesso c’è un momento di interazione solo alla consegna del pasto che consumeranno in stanza isolati, le altre relazioni dirette sono interrotte e vengono sostituite da interazioni sociali mediate da social network, chat e videogame.
L’insorgenza del fenomeno è graduale e si possono identificare delle cause differenti alla sua base, possono essere legate ad elementi caratteriali, temperamento sensibile e socialmente inibito è un fattore di rischio, familiari tra cui l’assenza emotiva del padre e l’eccessivo attaccamento alla madre, oltre alla difficoltà relazionale dei genitori nei confronti del figlio che spesso rifiuta l’aiuto esterno; motivazione legate all’ambiente scolastico, vissuto spesso come negativo e a volte con la presenza di storie di bullismo, il ritiro scolastico è uno dei primi campanelli d’allarme; cause sociali con visione negativa della società e sofferenza legata alle pressioni di realizzazione sociali alle quali cercano di fuggire.
Non esistono terapie specifiche ancora rispetto a questo fenomeno, tuttavia sul sito Hikikomori Italia sono consigliate alcune buone prassi per cercare di costruire una relazione con i ragazzi hikikomori:
- riconoscere la sofferenza, poiché il fenomeno è reale anche se difficilmente comprensibile;
- allentare la pressione di realizzazione sociale, in modo tale che non debba sentire il bisogno di fuggire anche dal luogo sicuro che è casa;
- cercare il confronto poiché può essere uno strumento importante con lo scopo di stimolare il dialogo e una riflessione critica sul problema;
- interpretare il problema a livello sistemico, non è un problema del singolo ma va considerato l’intera rete e contesto del ragazzo;
- responsabilizzarlo – soprattutto con gli adulti è importante rimandare loro l’effetto delle loro azioni sugli altri in maniera responsabilizzante;
- essere trasparenti rispetto alle proprie intenzioni con i figli hikikomori, contrariamente si creerebbe un rapporto di sfiducia e sospetto;
- spezzare la routine rigida e solitaria dei ragazzi provando a coinvolgerli in attività che li facciano evadere dai social;
- focalizzarsi sul benessere dell’hikikomori, la priorità è che stia bene e non che riprenda a pieno ritmo le sue attività.
Se l’argomento ti ha interessato puoi trovare molte informazioni su https://www.hikikomoriitalia.it/
Conoscevate già questo fenomeno? Quanto, secondo voi, è diffuso nel nostro Paese? Condividi il tuo pensiero con noi!
Tania Morelli
Nata a Trento nel 1990, dopo la laurea in Studi Internazionali ha scelto di modificare il proprio percorso e si è avvicinata alla psicologia. Durante un periodo in cui ha vissuto in Germania si è interessata all’integrazione degli italiani nel Paese, argomento della sua tesi di laurea con la quale si è laureata in Psicologia clinica presso l’Università degli Studi di Torino nel 2017. L’interesse per la giurisprudenza l’ha portata a concludere un Master in Psicologia Giuridica presso l’ITAT di Torino e dal 2019 collabora con il Tribunale di Trento come consulente psicologo. Tania è specializzanda in psicoterapia dinamica integrata presso il Centro Psicologia Dinamica di Padova.
Si è avvicinata al mondo delle dipendenze grazie al tirocinio post lauream ed attualmente lavora presso la Comunità Terapeutica la Casa di Giano.
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