#People first: le persone al primo posto. Questo lo slogan scelto dall’ONU per la celebrazione del 26 giugno, Giornata Internazionale di lotta alla droga.
Da anni si parla di Emergenza droga.: una drammatica realtà che colpisce “democraticamente” anche l’Italia intera. 
Si discute sulle strategie da adottare per ridurre la crescita di questo fenomeno che quotidianamente pone fine alla vita di decine e decine di giovani persone. 
Per anni si sono inseguite le sostanze, facendovi spesso una battaglia ideologica senza alcun risultato efficace. Considerato ciò è necessario ammettere la sconfitta e cambiare la strategia di fronteggiamento del problema.
Ogni anno si aggiungono all’elenco oltre 100 nuove sostanze psicotrope. Cambiando infatti una molecola in laboratorio si ottiene una nuova sostanza. È il momento di cambiare prospettiva e approccio di cura: bisogna ripensare alle persone e alle metodologie perché le sostanze sono e saranno sempre un passo avanti. 
Se negli anni passati si partiva dai dati per analizzare la situazione oggigiorno questo non è più possibile dato che il fenomeno è in costante accelerazione e mutazione. 
Un trend in drammatico aumento di abuso di sostanze legali e illegali (consumo di alcol e psicofarmaci enormemente aumentato soprattutto in pandemia), così come le morti collegate all’abuso di sostanze, quasi due al giorno. Un dato, quest’ultimo, che si decuplica se si considerano le morti collegate agli incidenti stradali.
Si tratta di un fenomeno che ha e continua a subire un’impennata elevatissima paragonabile alla punta di un iceberg. 
Per provare a cambiare questa situazione è indispensabile far emergere la gravità della situazione che molto spesso si preferisce tenere nascosta. Appare fondamentale agire prima che si presenti il problema attraverso la prevenzione e la sensibilizzazione e arginarlo mediante una presa in carico tempestiva dei giovani adolescenti che si espongono al mondo delle dipendenze. 
Il focus va posto su chi vive il problema. La cura e riabilitazione delle persone, dovrebbero essere essenziali, ma purtroppo a causa della normalizzazione dell’uso e di un conseguente abbassamento della percezione del rischio, sono del tutto ignorati. 
La Relazione Europea sulle droghe (EMCDDA), pubblicata recentemente conferma che la cocaina (3,7 milioni di persone ne hanno fatto uso nell’ultimo anno), sebbene la cannabis mantenga il suo primato come sostanza illecita più comunemente usata in Europa (22.6 milioni di europei la utilizzano), è ora la seconda droga più frequentemente segnalata sia da chi entra in trattamento per la prima volta, sia nei dati disponibili sugli accessi in Ospedale. 
In Italia, si sta assistendo al preoccupante aumento del crack, molto diffuso su tutto il territorio nazionale, soprattutto tra i giovani. 
Andare oltre la punta dell’iceberg significa intercettare il crescente disagio dei giovani prima di arrivare nelle strutture e per questo si deve intervenire nelle scuole come in famiglia offrendo una risposta integrata tra pubblico e privato. 
Va aggiunto un carico di responsabilità condiviso, da assumere nei confronti dei giovani: sempre più vittime anche di nuove e diverse dipendenze, come psicofarmaci e sostanze psicotrope, un uso smodato dei social e del gaming, disturbi del comportamento alimentare. 
In questa nuova emergenza risulta cruciale l’intervento di tutti gli attori della rete di assistenza e soprattutto di riabilitazione, che hanno il compito di porre la persona al centro al centro e le sue necessità, con un approccio multidisciplinare e integrato, che prevede tanto l’intervento terapeutico quanto il reinserimento e i processi di inclusione sociale. Quest’ultimo è necessario per permettere alle persone di essere libere, di autodeterminarsi, di poter costruire una propria famiglia e di contribuire anche all’autodeterminazione di una nazione e alla crescita della storia. 
Si sta vivendo una profonda solitudine, dei giovani e delle loro famiglie. Per affrontare le difficoltà, per elaborarle e superarle, occorrono operatori purtroppo per troppi anni lasciati anche loro in solitudine.
Un intero sistema è in crisi per mancanza di personale. Chi opera nel campo si porta in eredità profondi problemi di un lavoro altamente complesso. 
Il riciclo di personale sia nel servizio pubblico che nel Privato Sociale non sta più funzionando perché il mondo delle dipendenze non è più attrattivo. Difficilmente si trova la disponibilità di figure professionali socio-sanitarie e socio-educative, a causa di un esodo da una professione mal retribuita e poco riconosciuta.
In gioco è la tenuta dei Servizi stessi e la possibilità di avere supporti indispensabili. Occorre tornare ad investire sul welfare socio-educativo e socio-sanitario e rilanciare i servizi puntando sulla prevenzione nelle scuole sempre più disorientate e sul dialogo con i giovani e con le loro famiglie sempre più allarmate.
Ma prima di tutto non deve essere una mera repressione del fenomeno legato allo spaccio. 
Emergono la necessità e il bisogno dell’aiuto e del supporto da parte delle istituzioni, a cui si chiede di favorire un dialogo per trovare congiuntamente la miglior soluzione in un’ottica di garantire a tutte le persone una vita sana e libera dalle dipendenze, spesso espressione di profonda solitudine.

 

 

Antonio Simula

Centro Trentino di Solidarietà onlus

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